GLI ORIXAS E I SANTI CATTOLICI

Quando nel XVI secolo ebbe inizio la tristemente famosa tratta degli schiavi dall’Africa al cosiddetto Nuovo Mondo, si verificò il sincretismo (cioè la fusione di concezioni religiose differenti) tra il Candomblè (il culto degli Orixas praticato dai popoli africani) e il cattolicesimo.

Gli schiavisti, infatti, scandalizzati dalle danze sfrenate del Candomblè che ai loro occhi apparivano demoniache, pretesero la conversione al cattolicesimo, spesso pena la morte; allora coloro che tra i deportati nelle Americhe erano sacerdoti e vecchi saggi, nascosero le loro Divinità dietro le immagini dei Santi: in questo modo gli schiavi poterono continuare a professare indisturbati la fede negli Orixas. Fu così che a Cuba nacque la Santeria e nelle Isole Caraibiche il Voodoo, mentre in Brasile questa fusione prese il nome di Umbanda.

Il sincretismo non fu arbitrario, in quanto l’identificazione degli Orixas con i Santi fu realizzata in base alle caratteristiche e alle qualità comuni: fu così, per esempio, che Oxalà, il primo generato dal Dio Unico Olorun, il più importante degli Orixas, assunse le sembianze di Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Oppure pensiamo a Iansà, Signora dei fulmini, e al suo sincretismo con Santa Barbara, che nella tradizione cattolica viene invocata anche per difendersi dai fulmini, e che secondo una delle leggende che la riguardano, fu liberata dalla torre in cui il padre l’aveva imprigionata proprio grazie a dei fulmini.

Nel corso dei secoli questa fusione è divenuta sempre più funzionale, e si è arricchita di ulteriori contaminazioni fino a giungere ai nostri giorni, più che mai vivida di spiritualità: le Divinità, infatti, cambiano aspetto, vestito, forma, nome, a seconda di come l’uomo le recepisce in base al contesto storico e culturale in cui vive, ma sono sempre le stesse Divinità che eoni fa hanno dato il via al processo creativo ed evolutivo dell’essere umano.